Capitolo Uno

Giovedì ore 23.45

Francesca guida coi finestrini abbassati. La Citroën DS “Squalo” taglia la notte coi grandi fanali gialli, ingoiando nuvole di insetti nei fanoni del radiatore.

L’incontro con Marco è stato formale e sbrigativo. Le ragazze erano felici di partire in vacanza col padre, e andava bene così.

Senza il navigatore si è persa un paio di volte in mezzo a quelle strade che sembrano tutte uguali, finché a forza di inversioni e colpi di coda è comparso dal buio un rettangolo bianco col toponimo che cercava: Finale Veneto.

Legge dal messaggio del fratello le istruzioni per raggiungere il luogo che le ha indicato via sms. Tempo fa l’aveva ricontattata e dopo diverse mail si erano sentiti per telefono: voleva solo recapitarle un pacco. Le era sembrata curiosa la scelta di quella zona come luogo della consegna, ma era da Venezia che le figlie sarebbero partite per la vacanza con l’ex marito, e lei, che doveva accompagnarle, aveva accettato.

Al ponte svolta a dx, passa il fiume e costeggia l’argine fino alla stazione di servizio.

Di quei posti ha ricordi confusi. Da bambini ci avevano anche trascorso le vacanze estive e sapeva di avere dei parenti da quelle parti, cugini di terzo o quarto grado, il cui ricordo si limita a un paio di foto ingiallite. Non si sente particolarmente legata a quei luoghi, li considera appartenenti a vite, scelte, decisioni sbagliate prese da una parte dei suoi antenati, niente di più.

 

Ecco il ponte, ecco il benzinaio. In fondo alla strada vede l’insegna della trattoria-ristorante-bar Nostromo. Ci sono poche auto parcheggiate e altrettanti clienti all’interno. Il locale sta per chiudere. Francesca entra, si dirige al bancone dove una ragazza sta preparando dei caffè.

«Buonasera». Il saluto ha la tipica inflessione da Europa dell’est di quasi tutte le bariste della zona.

«Salve». Non sa come cominciare. «Sono venuta a ritirare un pacco… devono aver lasciato qualcosa per me. Per Francesca.»

 

Poco dopo è di nuovo in macchina. Chiude lo sportello e si lascia abbracciare dalla rassicurante ergonomia di quei sedili bassi, da salotto, progettati a suo tempo per lunghi viaggi di piacere. Assapora il gusto dell’ottimo caffè che le ha servito la ragazza.

«Brava. Lyudmila.»

Ha scambiato due parole con lei: è venuta a lavorare per la stagione estiva, avrebbe preferito un impiego a Riccione, ma è finita lì, in mezzo al nulla e alle zanzare. Comunque le ha dato il pacco senza fare domande e le ha offerto un limoncello.

È tornata in auto perché non ha voluto aprirlo lì sul bancone, ma soprattutto perché non poteva farlo senza accendersi una sigaretta. Si gira tra le mani la busta di carta: una di quelle imbottite, con uno strato di bolle di plastica all’interno. Ne apre un lembo e non resiste a farne scoppiare un paio, come faceva da bambina.

Cosa può contenere? Un dvd, un libro, una VHS? Rompe l’involucro di carta: c’è una cassetta, una vecchia musicassetta BASF. Non pensava ne circolassero ancora.

«Oh mamma, Davide…»

L’autoradio della Squalo non legge gli mp3, ma ha un buon mangiacassette. PLAY, fruscio, musica… una vecchia canzone, roba italiana dei primi anni ’80.

Francesca ride. Nell’involucro c’è una busta con delle polaroid, vecchie foto di loro al mare con mamma e papà. Poi un collage di pezzi di carta, involucri di gelati, ritagli di giornale, pagine di fumetti…

«Oddio, Davide!»

Un giornaletto di Braccio di Ferro, un biglietto con una calligrafia da bambina: così non ne vedeva dai tempi delle scuole medie. Poi un plico di fogli sottili, molto vecchi, fogli di quaderno scritti a mano, con disegni a china. Hanno un odore pungente di muffa che le entra nei polmoni e la fa tossire.

Spegne quel che rimane della sigaretta nel posacenere del cruscotto, con un gesto metodico, come a voler avvitare il mozziccone in un punto preciso, assieme ad altri infilati in una montagnetta di cenere come aghi in un cuscino portaspilli.

Un cuscino.

Sua nonna ne teneva uno di raso rosso nella scatola del cucito. Lei, da bambina, passava il tempo a riordinare gli spilli in base al colore delle piccole teste colorate.

Il fumo che impregna l’abitacolo della macchina sembra ondeggiare al ritmo di una canzone un po’ stucchevole. Francesca chiude gli occhi, la musica va avanti e lei torna indietro…

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